Come evitare i bias della “straordinarietà” nella selezione?

 

Dopo le hard skill – conosciute anche come competenze tecniche – e le soft skill, definite anche competenze comportamentali, è emersa recentemente una nuova categoria di skill: le così dette “competenze atipiche”.
Definite nella letteratura anglosassone come “mad skills” sono diventate sempre più popolari tra i recruiters che ritengono che le competenze acquisite attraverso hobby, passioni ed esperienze personali, possano essere un asset per la propria azienda. Specialmente quando l’obiettivo è di individuare persone che possano essere innovative o il focus sia di implementare strategie disruptive.
Ciò pone una domanda: il recruiting basato sul talento è sempre rilevante? E come possiamo superare il bias a cui siamo tutti soggetti quando ci troviamo di fronte a qualcosa di straordinario ed eccezionale come le competenze “atipiche”?

 

Uno zoom sui bias della “straordinarietà”

Probabilmente hai sempre avuto un candidato con “competenze atipiche” senza, tuttavia, dargli necessariamente importanza.
Sono quelle che spesso sono elencate nel CV sotto la voce hobby o interessi. Così, mentre capita di trovare degli interessi piuttosto usuali come: viaggiare, musica o sport, qualche candidato spicca per i suoi hobby particolari. Chi non sarebbe autenticamente impressionato da un candidato che ha viaggiato per tutto il mondo, che ha un brevetto di paracadutismo o che disegna e crea i suoi vestiti?
La classica trappola, in questi casi, è di pensare che il nostro candidato sia eccezionale perché ha dei talenti straordinari.

Questa conclusione è una scorciatoia ed è chiamata il bias della “straordinarietà”.
Consiste nell’essere portati a dare più credito ad una persona che possiede una caratteristica eccezionale anche se ciò, qualche volta, significa dimenticare la cosa più importante: le soft skill o il know how del candidato.
Secondo una ricerca di Indeed, il 75% dei recruiters sono incuriositi dalle competenze atipiche. Ma, ancor di più, citare interessi atipici sul proprio CV aumenta del 63% la curiosità dei selezionatori.

 

Non farti ingannare. Le così dette “mad skills” sono molto importanti durante il processo di selezione e possono permettere di reclutare profili particolari che si possono distinguere dagli altri talenti dell’organizzazione. Per esempio: selezionare una persona che pratica a livello agonistico sport estremi può indicare che non manca certo di padronanza di sé, che gli piace spingersi oltre il limite e che non è intimorita da ciò che è sconosciuto.

Tuttavia, bisogna fare attenzione a non cadere negli stereotipi con questo tipo di competenze… non è perchè una persona si sente un “esperto enologo” che avrà di certo una grande attitudine all’apprendimento nel suo mestiere! D’altra parte, potrebbe animare con molta efficacia momenti di aggregazione dopo l’orario d’ufficio.
Inoltre, questi talenti originali non sono sempre rilevanti per la posizione che deve essere ricoperta, anche se possono costituire un plus nel CV.

 

Proprio come con le soft skill, è necessario selezionare sulla base delle competenze necessarie per la posizione che deve essere ricoperta e non uscire dalla propria strada per selezionare un “unicorno”. Davvero questo candidato sportivo che fa il capitano nella sua squadra ha sviluppato (proprio per questo) grandi doti di leadership e di comunicazione? Ho davvero bisogno di queste competenze per la posizione da developer che gli sto offrendo?

 

Come possiamo contrastare questo bias cognitivo?

Una cosa è certa. Più persone sono coinvolte nel processo di selezione, più è facile che siano soggetti a bias cognitivi. Alla fine, se ne contano circa 200 e quindi è difficile identificarli tutti per poterli mettere a fuoco. Tuttavia, ci sono anche delle buone prassi per oggettivare e rendere più sicuro il processo decisionale senza venire influenzati dai diversi trabocchetti, come appunto quello della “straordinarietà”.

 

Di seguito alcuni suggerimenti:

1) Non farlo di ventare un criterio di valutazione…

È vero che a volte basarsi sul proprio istinto e sensibilità può portare a intuizioni molto utili ma non ci si dovrebbe fare impressionare dai talenti inusuali perché, contrariamente alle hard e soft skill, le competenze atipiche sono molto difficili da oggettivare.

Il suggerimento:
Non far diventare le competenze atipiche un criterio di scelta ma cogli l’opportunità di un approfondimento quando si presenta. Continua a valutare le soft skill dei candidati sulla base delle attività correlate alla posizione e al settore di attività, aiutandoti anche con degli strumenti esperti di valutazione. Puoi sempre approfondire in un secondo momento le skill atipiche, se lo ritieni opportuno, tra i candidati che hanno ottenuto il miglior punteggio rispetto al matching dei requisiti per tua organizzazione.

 

2) Valuta la connessione alle competenze chiave per la posizione

Senza scivolare negli stereotipi, è vero che hobby e interessi possono rivelare le competenze comportamentali chiave dei candidati. Ad esempio: una persona che ha fatto volontariato per molti anni in una organizzazione umanitaria avrà certamente sviluppato una grande empatia o, allo stesso modo, un candidato che ama la recitazione e fa parte di una compagnia teatrale amatoriale avrà sviluppato, potenzialmente, delle ottime doti nell’esprimersi in pubblico.

Il suggerimento:
Anche se qualche volta il collegamento tra soft skill e competenze atipiche è possibile, è necessario fare attenzione agli stereotipi e alle idee preconcette. Ad esempio: un recruiter potrebbe essere tentato di pensare che una persona che ha viaggiato per il mondo sia una persona curiosa, cui piaccia interagire con gli altri e che abbia maturato un approccio multiculturale. Parlando con il candidato si potrebbe invece scoprire che voleva viaggiare per spirito di avventura e dimostrare di essere capace ad affrontare una sfida di questo tipo. In questo caso, il concetto di sfida è prevalente sul concetto di curiosità. È quindi importante il colloquio per approfondire le motivazioni del candidato al fine di evitare di giungere a conclusioni che potrebbero essere sbagliate.

 

3) Come fare le giuste domande durante l’intervista riguardo le competenze atipiche.

Ti devi preparare per il colloquio. Basarti su una guida ti consente di condurre un’intervista strutturata o semi-strutturata e di valutare i candidati secondo gli stessi criteri. Inoltre, ciò mostra al candidato che hai dedicato del tempo per prepararti con anticipo.

Il suggerimento:
Nella tua guida per l’intervista, che include domande sulle competenze comportamentali e tecniche, puoi anche inserire alcune domande sulle competenze atipiche, ma orientandole sugli apprendimenti. Ad esempio: domanda al candidato se ha sviluppato delle competenze specifiche in funzione di questi suoi interessi o in che modo pensa che queste possano essere utili nel suo lavoro futuro, ecc. La sfida è comprendere cosa la persona ha fatto proprio di queste esperienze, che cosa ha sviluppato e quindi poter verificare se le prime idee che ti sei fatto sono corrette.

 

In conclusione, anche se le “mad skills” possono essere degli asset per l’azienda per uscire dai sentieri battuti e possono aiutare a identificare profili particolari che potranno fiorire all’interno dell’organizzazione, non dovrebbero essere valutate nello stesso modo delle competenze tecniche o comportamentali.
È, semmai, la combinazione tra hard, soft e “mad skills” che permetterà di identificare il candidato “fuori dal coro”.

 

 

Scritto da Laura Maréchal, responsabile marketing WeSuggest by PerformanSe
Adattamento a cura di: Andrea Bennardo

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